quinta-feira, 13 de junho de 2013

Cronache di Convegno

International Consultation on Religious Freedom Research

GIOVANNI CROCCO

      Dal 16 al 18 Marzo 2013 si è svolto ad Istanbul (Turchia) un Convegno a carattere internazionale avente ad oggetto tematiche legate alla libertà religiosa, analizzata in ogni sua forma, quindi sia da un punto di vista strettamente giuridico-costituzionale, sia da una prospettiva interculturale(e oserei dire in senso “negativo”, poiché con riferimento alle persecuzioni religiose), sia ancora sotto un’ottica nuova e certamente più attuale, come, ad esempio, le implicazioni che questa può avere nella sfera sociale ed economica di un Paese. La consultation è stata promossa e finanziatadall’International Institute for Religious Freedom (IIRF), un network nato dall’unione di esponenti di tre principali città (Bonn, Cape Town e Colombo) e composto da professori, ricercatori, accademici e specialisti provenienti da tutti i continenti, che lavorano su dati attendibili relativi alla violazione, a carattere mondiale, della libertà religiosa ed il cui principale scopo è quello di portare tali studi all’interno di colleges e università, facendo diventare la tematica parte integrante dei programmi accademici, soprattutto nelle aree del diritto, della sociologia, degli studi religiosi e di quelli teologici.

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      E’ toccato, poi, a Rodrigo Vitorino Souza Alves, un assistente universitario della Facoltà di Diritto della Universidade Federal de Uberlândia in Brasile, il cui elaborato si è occupato semplicisticamente della libertà religiosa in Brasile e più in generale in tutta l’America latina.

      Il suo lavoro ha illustrato l’attuale impostazione istituzionale, le regole prescritte dalla Costituzione e dalle altre leggi ordinarie, così come la prassi sociale e giurisprudenziale circa la libertà religiosa in Brasile, con brevi cenni alle altre esperienze latino-americane.

      Il Brasile è un Paese caratterizzato da una pluralità di credo. Dopo la sua indipendenza nel 1822 e fino alla fine del XIX secolo (durante l’intero periodo della Monarchia insomma), fu adottato come religione ufficiale il Cattolicesimo romano. Altre fedi subirono limitazioni, ma potevano essere praticate in privato o in luoghi specifici, e comunque, senza la forma e l’aspetto di un tempio religioso. Durante quest’arco di tempo, quasi il 99% della popolazione era Cattolica, anche se di lì in avanti le cose iniziarono a cambiare. Secondo l’ultimo censimento del 2010, il 64,6% della popolazione è legato al Cattolicesimo, il 22% è Protestante, l’8% non hauna religione (è atea quindi), il 3,2% si dichiara adepta ad altre religioni e il 2% è spiritualista. Questo pluralismo è reso possibile dalla legge, infatti già dal 1988 la Costituzione federale e la legislazione sono abbastanza progrediti in termini di libertà religiosa. La Costituzione garantisce a tutti gli individui il diritto alla libertà religiosa, proibendo ogni forma di discriminazione basata su motivi religiosi. In diritto, ci sono una serie di previsioni di legge che assicurano la libertà religiosa, per esempio: le organizzazioni religiose sono libere di decidere la loro struttura organizzativa; le pratiche religiose sono protette dalla Legge penalebrasiliana, essendo considerato reato deridere o schernire qualcuno per la sua appartenenza religiosa ovvero interrompere una cerimonia o la preghiera; gli edifici di culto sono dotati di immunità tributaria, vale a dire sono esenti dalle tasse; il matrimonio religioso può produrre anche effetti civili, e ci si potrebbe avvalere di molti altri esempi. 

      Attualmente, lo Stato brasiliano sta affrontando alcune questioni delicate circa i rapporti tra Stato e religione. Anche in questo caso, è possibile citare qualche caso emblematico: per esempio, il caso relativo all’iscrizione “God be praised” (Dio sia lodato) sulle banconote brasiliane e l’uso dei crocifissi nelle aule di tribunale o in altri luoghi pubblici; il rapporto tra sovranità statale, autodeterminazione e libertà religiosa dei gruppi indigeni, soprattutto in relazione all’uccisione dei neonati con disabilità fisiche; la posizione della Magistratura brasiliana sul discorso dell’odio; la discussione sull’istruzione religiosa nelle scuole pubbliche e le sovvenzioni statali per attività culturali a carattere però religioso; le implicazioni sociali del Sabbath, della festa comandata; il rapporto tra pratica medica e il rifiuto espresso dai pazienti o dai loro tutori legali di ricevere emotrasfusioni.

      Senza dubbio, quantunque non esistano significative persecuzioni di stampo religioso in Brasile (anche se delle minoranze sopportano pregiudizi in alcune aree), ci sono situazioni a rischio che meritano la dovuta attenzione ed importanza. Nell’America latina, fra tutte risalta l’esperienza colombiana. Sebbene sia costituzionalmente prevista e garantita la libertà religiosa, la Colombia rimane a livello internazionale uno dei Paesi con il più alto tasso di violenza per motivi religiosi, soprattutto nelle aree dominate dai gruppi armati e dove vige l’illegalità. 

      L’intento dell’autore è stato proprio quello di catturare l’attenzione dei gruppi che combattono per i diritti umani o dei ricercatori che studiano la libertà religiosa, poiché comunque in America latina ci sono diverse problematiche relazionate al fattore religioso che ancora non trovano soluzione.

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http://www.antoniofuccillo.it/wp-content/uploads/2013/04/Cronache-di-convegno_Istanbul.pdf